Ho sempre preso le distanze da chi non ha sogni
ho perso tutto e ora non posso più giocarmi il jolly
sti giorni corrono e sta vita dura troppo poco
forse non basterebbe neanche se durasse il doppio
ricordo che da piccolo ero timido e impacciato
e avevo sempre un livido sul braccio come tatuato
lo nascondevo pure ai miei perché mi vergognavo
e i primi anni di scuola già capivo che una faccia da buono non mi avrebbe aiutato
emarginato si, solo e senza amico immaginario
mi tenevo tutto dentro, mai scritto un diario
di quel periodo non volevo rimanesse traccia
e quel “ti aspetto fuori” che suonava come una minaccia
vedevo gli altri così forti e sicuri di sè
io li con la testa piena di dubbi, di forse e di sè
e un “vaffanculo” al mondo che bloccavo tra lingua e palato
ma quando l’ho lasciato andare qualcosa ho imparato
E con lo zaino in spalla sempre pieno di libri
la gente mi chiedeva “Marco, perché non ridi”?
io mi nascondevo dietro un “no, non è niente”
ma nell’astuccio avevo tutto l’occorrente
una matita per descrivere com’è la realtà
una gomma per cancellare le mie fragilità
un taglierino per dividermi dal resto del mondo
e un righello per tirare dritto verso il mio sogno, e poi va come va...
Ci ho ho sofferto così tanto che Dio solo sa
e pianto fino ad aver le palpebre di color porpora
ed ero ancora una crisalide
e se avessi avuto le ali non le avrei sbattute, fradice di lacrime
il prof diceva devi farti rispettare
e sul mio orgoglio altre ferite fresche da disinfettare
la famiglia fu tutto ciò che di buono la vita mi offrì
e so che per farmi coraggio si fecero “un cuore così”
per questo credo all’amore incondizionato
di chi deludo da sempre, e sempre mi ha perdonato
e per quanto mi sforzi di essere profondo so i miei limiti
dal petto alla schiena ci son solo pochi centimetri
quel che ho passato mi è servito da lezione
a trasformare la rabbia in motivazione
e ora mi sento così grande a veder gli altri così miseri
e potrei spegnere il sole a suon di sputi e riaccenderlo coi fiammiferi
Con gli occhi bassi
contavo i passi
lungo quella strada che non finiva più
la campanella, il corridoio, le panchine e le scritte
e tutto il tempo perso fermo alla fermata del bus
Con gli occhi bassi
contavo i passi
lungo quella strada che non rifaccio più
il registro, l’appello, la lavagna, il quaderno
e i pomeriggi coi cartoni davanti alla TV
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